mercoledì 8 settembre 2010

OLIVE FERMANELLE



OLIVE FERMANELLE -RICETTE-




INGREDIENTI:
• Kg 1 di Olive nere (Piantone di Falerone) in salamoia
• Kg 1 Pesce (povero) azzurro dell’Adriatico
• 1Carota
• 1 Costa di sedano
• Scorza di limone grattugiato
• 1 Spicchio d’aglio
• Rametto di rosmarino
• Maggiorana
• Olio extravergine di oliva
• Vino bianco
• 20 g di Pecorino stagionato grattugiato
• 12 Uova
• Farina
• Pangrattato
• Sale e pepe Q.B

PREPARAZIONE
Pulire il pesce e condirlo con olio, sale, pepe e disporlo
in una teglia da forno. Aggiungere al pesce il sedano, la carota,
lo spicchio d’aglio, il rametto di rosmarino e la maggiorana
tritati finemente. Completare il condimento con un filo d’olio
extravergine di oliva e vino bianco.
Cuocere in forno a 180° per quindici minuti.
A cottura ultimata diliscare il pesce scolare l’eventuale fondo
di cottura e passarlo al tritacarne con le verdure utilizzate
per la cottura (togliere rosmarino e maggiorana) fino ad ottenere
una poltiglia fine. Riunire il composto tritato in una ciotola
con limone grattugiato e pecorino, due uova e amalgamate
fino ad ottenere un composto omogeneo.
Farcire le olive (precedentemente denocciolate a spirale
e messe a scolare) passarle nella farina poi nell’uovo sbattuto
ed infine nel pangrattato.
Cuocere in abbondante olio extravergine di oliva a 170°
fino a quando saranno ben dorate.



INGREDIENTI:
• Kg 1 di Olive nere (Piantone di Falerone) in salamoia
• Kg 1 polpa d’agnello (e parti meno nobili) marchigiano
• 1Carota
• 1 Costa di sedano
• 1 Cipolla
• 1 Foglia di alloro
• Scorza di limone grattugiato
• 1 Spicchio d’aglio
• 1 dl di Brandy
• Cannella
• Olio extravergine di oliva
• 40 g di Pecorino stagionato grattugiato
• 12 Uova
• Farina
• Pangrattato
• Sale e pepe Q.B

PREPARAZIONE
n una casseruola rosolare a fuoco lento, con un filo d’olio,
carota e cipolla tritati, l’aglio in camicia, la foglia d’alloro.
Aggiungere la carne salare pepare e cuocere a fuoco vivace
per 5 minuti.
Sfumare con il brandy e lasciare evaporare,
abbassare la fiamma e cuocere per un’ora.
Quando l’agnello sarà ben cotto passarlo al tritacarne
(avendo cura di togliere prima l’aglio, la foglia di alloro
e l’eventuale grasso di cottura) fino ad ottenere una poltiglia fine.
Riunire in una ciotola il composto tritato, il pecorino grattugiato,
due uova, un pizzico di cannella e di limone grattugiato.
Ripassare il composto al tritacarne fino a raggiungere
una consistenza omogenea.
Iniziare a farcire le olive (precedentemente denocciolate
a spirale e messe a scolare) indi passare nella farina,
nell’uovo sbattuto, ed infine nel pangrattato.
Friggere in abbondante olio extravergine di oliva a 170°
fino a quando saranno ben dorate.

lunedì 6 settembre 2010

IL PIANTONE DI FALERONE CI REGALA UNA NUOVA ECCELLENZA

LE "FERMANELLE":
ECCO COME SONO NATE.



Come si è arrivati alle “Fermanelle”, lo facciamo spiegare ad Alessandro Pazzaglia, presidente Sezione Provinciale di Fermo della Federazione Cuochi Italiani: “La cultura della professione, oltre agli ingredienti storici come passione e spirito di sacrificio non può mancare della componente ricerca ed innovazione componenti indispensabili per la costante crescita degli chef.

Da anni ci chiedevamo perché il frutto che ci dona
il nostro meraviglioso Olio Extravergine di Oliva
è stato utilizzato solo a tale scopo.
E da qui è partita, grazie alla collaborazione
di alcuni colleghi dell’Associazione (Adriano Berdini, Walter Testoni,
Fabrizio Ferracuti, Paolo Ippoliti e Cristina Piazzola, ndr),
una serie di tentativi, chiamiamole prove, per individuare
tra i nostri cultivar e relative farce ciò che esalta il prodotto finito.



E’ così che le “Fermanelle” hanno esordito al Salone del Gusto,
alla Bit ed a Tipicità, con apprezzamenti che ci hanno
incoraggiato ad andare avanti.
Ora siamo certi – finisce Pazzaglia - che le “Fermanelle”
sono capaci di arricchire il paniere delle straordinarie
eccellenze gastronomiche della Provincia di Fermo”.

ERBE SPONTANEE: UN'ACCADEMIA PER STUDIARLE

A TUTELA
DI UNO SPACCATO AFFASCINANTE DEL TERRITORIO



Fondata dal Comune di Monte San Pietrangeli
in collaborazione con la provincia,
l’Università Politecnica delle Marche e l’Associazione
“Chi mangia la Foglia”, si propone punto di riferimento
e di studio per la tutela del mondo delle Erbe Spontanee
del territorio, delle aree marginali,
fluviali e nelle aree incolte.
Lo scopo, oltre quello del recupero del patrimonio conoscitivo,
è quello di garantire la conservazione, la raccolta,
il corretto uso delle Erbe Spontanee a scopo alimentare
per la tutela della salute e del paesaggio agricolo.
L'accademia istituisce corsi per il riconoscimento
delle erbe spontanee di vario livello.
Segue lo sviluppo di orti botanici a scopo scientifico,
didattico e formativo.
Sono già stati organizzati numerosi corsi
di riconoscimento delle erbe spontanee con larga
partecipazione e titolo di riconoscimento provinciale
a chi ha superato il corso.

PROGETTO CHI MANGIA LA FOGLIA



Il progetto “Chi mangia la foglia”
entra nel circuito della cucina tipica fermana,
promossa dall’assessorato Agricoltura, Turismo e Parchi
della Provincia di Ascoli Piceno nel 2007
con un protocollo d’intesa con i sindaci dei Comuni
di Monte San Pietrangeli, Francavilla d’Ete, Smerillo,
Montefiore dell’Aso, Petritoli, per caratterizzare
e far conoscere gli aspetti, le attività ricettive
(agriturismi ristoranti), quelle dell’indotto
artigianale, la storia, la cultura, l’arte del proprio territorio.
Ogni comune si caratterizza per l’approfondimento
di alcuni aspetti del mondo delle erbe.

Monte San Pietrangeli con “Erbagustando” per l’aspetto gastronomico, lo studio organolettico delle piante, il recupero dei piatti tradizio-
nali, nuovi menù con relativo abbinamento del giusto vino esclusivamente delle nostre cantine.

Francavilla d’Ete con “Cuochi in Erba” si apre al mondo della formazione scolastica gastronomica coinvolgendo scuole e professionisti del settore.

Smerillo con “Le erbe del gusto e dei misteri” entra nello studio dell’antropologia, della tradizione attraverso il mondo dei misteri, delle leggende, delle pozioni magiche in quello che era l’approccio embrionale all’attuale farmacologia.

Montefiore dell’Aso con “Le erbe dei sapori e dei saperi” affronta l’analisi di nuovi gusti e nuovi sapori, concetti come la parte officinale delle erbe e gli aspetti benefici attraverso l’alimentazione, nonché l’utilizzo nella cosmesi e nella cura del corpo.

Petritoli, con “Erba Olio” fa l’analisi territoriale dove emergono caratteristiche di spicco come l’ olio, prodotto dagli ulivi autoctoni presenti nella zona, condimento imprescindibile nella cucina in abbinamento con piatti alle erbe spontanee ed aromatiche.

IL CIAUSCOLO: L’IGT SVILISCE LA TRADIZIONE DEI PICCOLI NORCINI

AROMI:
IL DISCIPLINARE LI OBBLIGA AD UTILIZZARE
SOLO AGLIO, SALE E PEPE.



Il ciauscolo è un salame tipico del Piceno,
la sua storia è antichissima come antica è la lavorazione
della carne suina nella nostra Provincia.
Il buon ciauscolo, prima di tutto,
è quello fatto con un buon maiale!
Suini maturi di dodici mesi e di peso
non inferiore a 180 kg con una buona copertura di lardo,
meglio se allevati in loco.



Già dal 1989 i norcini marchigiani avevano in mente
l'idea di preservare questo prodotto, volendo porre le basi
di un disciplinare per acquisire una certificazione
che poteva in qualche modo differenziare il prodotto nel mercato
e difenderlo da eventuali copie.
Nella mente dei norcini c'era il desiderio
di avere un marchio Dop, con una territorialità ben definita,
ma con un disciplinare che lasciava spazio alle interpretazioni
tradizionali di ciascuno.



Così non fu, da pochi anni è nato il ciauscolo Igt,
con una definizione territoriale più ampia
ed un disciplinare che svilisce il ciauscolo,
poiché permette ai macellai di utilizzare unicamente
l'aglio, il sale ed il pepe.
Il risultato è stato contrario alle aspettative,
i piccoli produttori si rifiutano di produrre
un ciauscolo del genere, di gettare al vento secoli
e secoli di tradizione norcina per produrre un salume
dal gusto standardizzato, che niente ha a che vedere
con i meravigliosi profumi, Gusti&Sapori,
che da sempre lo caratterizzano.
Quale fine avrà il ciauscolo nel terzo millennio?
Per ora i piccoli norcini hanno dovuto abbandonare
il nome, chiamando il vero ciauscolo da loro prodotto
con nomi di fantasia tipo “Rustico”o “Lo sconosciuto”,
ma hanno deciso di dare battaglia a questo sistema
che non premia le piccole artigianalità.
Dare loro voce ci è parso doveroso!
Che fine faranno le spezie, la buccia d'arancio, il mistrà, il vino cotto, che da sempre accompagnano la lavorazione?

MELE ROSA, LE PERLE DEI SIBILLINI

“QUANTO A SAPORE, LE MELE DI TIVOLI SONO INFERIORI A QUELLE DEL PICENO…”
Quinto Orazio Flacco (65 a.C.)



La mela rosa dei Sibillini
è l'esempio evidente di come natura
e tradizione secolare siano riuscite a generare
un prodotto di altissima qualità, degno
di essere apprezzato nel mondo.
Già dal tempo dei romani la mela rosa
era conosciuta e molto ricercata,
come affermato anche nelle satire oraziane
di Quinto Orazio Flacco nel 65 a.C.,
grazie alla sua polpa acidula e zuccherina
con un profumo intenso ed aromatico che permane in bocca.
Col passare del tempo, la coltivazione
non era stata in grado di competere con le mele presenti
sul mercato, più grandi, regolari e dai colori brillanti,
ed era stata quasi completamente abbandonata,
lasciando solo qualche albero, sparso per le montagne
o dentro gli orti di qualche contadino.
Un cultivar antico, praticamente immutato nel tempo
e conservato dall'uomo, che sapientemente ha saputo riportare
in auge un prodotto sano e naturale, certificato
da un rigido disciplinare di produzione, che ne individua
l'area di produzione, circoscritta al parco nazionale
dei monti Sibillini, ne garantisce la qualità dei frutti
prevedendo tecniche di coltivazione ecocompatibili.
La mela rosa sa stupire, all'aspetto si presenta poco appariscente,
piccola, con una forma irregolare e schiacciata,
buccia liscia e di medio spessore, polpa bianca, soda,
croccante e con un peduncolo cortissimo,
e mai si potrebbe immaginare che siffatta piccolezza
possa racchiudere un sapore così intenso e particolare,
che la rende particolarmente adatta
alla preparazione di dolci e torte.
Le peculiari condizioni climatiche della zona di produzione,
compresa tra i 450 e i 900 metri sul livello del mare
prime fra tutte l’escursione termica giornaliera e stagionale
e l’albedo, interferiscono positivamente sulle caratteristiche
organolettiche del prodotto, rendendolo unico e particolare.



Il suolo è un altro elemento caratterizzante,
la particolare conformazione della terra conferisce flavour
diversi in base alla posizione, quindi è impossibile
ed innaturale stabilirne una standardizzazione.
Dal 2000 la mela rosa è diventata un Presidio Slow Food,
che ha individuato otto ecotipi appartenenti a tre diversi gruppi,
che si differenziano per il colore e la consistenza:
le prime sono verdi con striature rosa o giallo aranciato
con polpa soda e croccante; le seconde sono gialle,
con sovracolore rosso vivo con polpa tenera;
quelle del terzo gruppo sono verdi
con striature rosso vinoso e polpa soda.



Al fine di sostenere l’azione di salvaguardia,
diffusione e commercializzazione di questo magnifico frutto,
i produttori dei Sibillini si sono organizzati in
una Associazione dei Produttori denominata ROSA,
alla cui Presidenza e Vicepresidenza
sovrintendono due produttrici donne:
Graziella Traini e Mirela Ghimis: quindi viva il rosa e le sue donne….

LE ECCELLENZE ED I TESORI DELLA VALLE DELL'ASO

VALDASO GOLOSA





L'itinerario enogastronomico
dell’area Valdaso è uno dei più suggestivi.
Profumi gusti e sapori sono un unicum speciale.
Il viaggio immaginario parte da Pedaso con le cozze
alla “alla marinara”, cotte con prezzemolo, olio e aglio
senza dimenticare un pizzico di peperoncino.
Continuiamo verso Campofilone, che deve la sua fama
agli omonimi maccheroncini, per i quali è stato avviato
l'iter per il riconoscimento dell'Igp.
Gli ingredienti sono semplici: farina di grano duro e uova.
Le donne, che si tramandano quest’arte,
lavorano la pasta a mano.
E’ molto indicato l’accostamento con il ragù,
ma anche con il sugo di pesce.







www.anticapasta.it



www.marcozzidicampofilone.com

Dopo pochi chilometri si arriva a Montefiore dell’Aso,
dove le pesche trovano il terreno ed il clima ideali.
Oltre alle coltivazioni intensive esiste anche la pesca



d’antiche cultivar, rinvenibili unicamente in terreni collinari,
dove i proprietari proteggono i biotipi autoctoni
per ragioni sentimentali o, più semplicemente,
per mantenere una memoria del gusto.
La storia dei salumi marchigiani è legata alla famiglia mezzadrile,
che usava per alimentarsi quasi tutte le parti del maiale.



La carne ed il lardo in parti uguali vengono triturati finemente,
salati e pepati, conditi con aromi diversi ed insaccati nel budello naturale,
ed ecco la salsiccia che viene consumata fresca, spalmata sul pane,
o cotta sulla griglia, come avviene a Carassai, durante la sagra.
Spostandoci verso l’interno, potremo essere piacevolmente
sorpresi da sentieri nascosti, itinerari conservati gelosamente,
profumi del sottobosco, aria umida e fresca, cortecce muschiose,
il grattare concitato di un cane e subito
il profumo stordente del tartufo.
La farmacia delle migliori alchimie è però la cucina.
A Force si gustano i prodotti del bosco,
come i tartufi che si consumano preferibilmente a crudo.
Tra le attrattive della montagna ci sono anche i funghi
come i porcini che si possono raccogliere fra faggi,
castagni e lecci.
Da Force ai monti Sibillini, il passo è breve e qui incontriamo
il sapore del formaggio pecorino.
Nel pecorino di Monterinaldo c’è il serpillo,
tra le altre spezie ed erbe profumate.
Chi è in cerca del buon vino poi,
può fare un salto ad Ortezzano per l’omonima festa.



Chi invece ama i sapori particolari, può recarsi
a Monte Vidon Combatte per la “Sagra delle Quaglie”.
A Petritoli invece, si svolge la “Festa delle Cove”,
durante la quale è possibile gustare numerose specialità tipiche
della tradizione contadina.
Montegiberto introduce il viandante nell’arte della coltivazione
dell’ulivo e della molitura delle olive che ha origini antichissime.
Si prosegue per Monterubbiano, dove le colline circostanti
forniscono alle api grandi quantità di nettare,
se ci si vuole deliziare, nutrire e curare con il miele,
non bisogna perdere la mostra-mercato “L’ape che ronza”.
La vicina Moresco permette di gustare un tipico salume locale,
il ciauscolo, preparato con carni magre:
spalla prosciutto e pancetta
e grasse finemente macinate insaporite con sale,
pepe, finocchio e aglio.
Un piacevole odore, poi, ci conduce fino a Lapedona:
è quello del Vino Cotto tradizionale e squisito.
Ritornando verso la costa, ci si può fermare
ad assaporare, durante i giorni dell’omonima sagra,
la polenta con le lumache di Altidona.