lunedì 7 marzo 2016

Cucina a Regola d’Arte


Gusti e Sapori tutti da scoprire

La “Cucina a Regola d’Arte” è un progetto cofinanziato dalla Comunità Europea e dallassociazione culturale Gusti & Sapori - finalizzato alla valorizzazione dei prodotti tipici della Valle dell’Aso, territorio ricco e variegato che dai Monti Sibillini si spinge fino al Mare Adriatico.

Un obiettivo ambizioso che punta a fare del prodotto d’eccellenza un vero e proprio bene culturale, in quanto frutto della storia e della tradizione di quella terra, che in esso si rispecchia e attraverso di esso si fa conoscere.
La Valdaso sembra un territorio privilegiato, amato e custodito gelosamente dai numerosi borghi medievali che, arroccati sui monti e sulle colline circostanti, vigilano sulle sue ricchezze e sul suo cammino.
Questi stessi borghi costituiscono un agglomerato di bellezze storico-artistiche: pievi, chiese, torri e testimonianze identitarie di una società antica che permettono agli abitanti locali di vivere in un museo all’aperto e senza confini.

Queste comunità valdasine emergono anche per le loro tradizioni eno-gastronomiche, enologiche e artigianali: la Pesca della Valdaso, il Vino Cotto, il Ciauscolo, la Polenta, e i Maccheroncini di Campofilone IGP.

Il Ciauscolo  IGP
Il salame tipico delle Marche, il Ciauscolo IGP si presta ad essere spalmato su fette di pane, crostini e bruschette, permettendo di preparare sfiziosi spuntini o antipasti.
La celebre caratteristica spalmabilità del ciauscolo è otte-
nuta con una ricetta e una tecnica di lavorazione che si
sono tramandate di generazione in generazione in occasione della pista del maiale (i giorni della mattanza del maiale e  della preparazione degli insaccati).

Gli autentici Maccheroncini di Campofilone IGP
Sono riconosciuti come prodotto tipico-tradizionale dalla Regione Marche dal 1998 e dal 2013 vantano l’acquisizione del marchio comunitario IGP (Indicazione Geografica Protetta). Questo prodotto per la sua specificità può essere fatto soltanto nel territorio comunale di Campofilone rispettando un rigido disciplinare di produzione che segue fedelmente la ricetta tradizionale.
I Maccheroncini di Campofilone IGP sono un prodotto legato profondamente alla terra di origine, una delle più antiche espressioni di cultura popolare del territorio marchigiano, che ancora oggi si tramanda di generazione in generazione. Un’eccellenza gastronomica che contiene nel gusto e nel sapore le caratteristiche del borgo antico di Campofilone, in cui quest’arte nasce prima nelle cucine e poi nei laboratori artigianali. Una tradizione mantenuta per ben 600 anni, che ha prodotto commercio e nascita di nuove imprese le quali hanno contribuito a far conoscere Campofilone e le Marche in tutto il mondo.


Il vino cotto
Prodotto rappresentativo del territorio il Vino Cotto è ottenuto dalla bollitura, con fuoco a legna in caldaie di rame, del mosto di vari tipi di uve fino a raggiungere una significativa riduzione del volume iniziale.
Viene fatto fermentare in botti di rovere per almeno 5 anni prima dell’imbottigliamento. È caratterizzato dal colore marrone dorato, dal sapore dolce e mieloso e dal profumo intenso.

La pesca della Valdaso
È un prodotto profondamente legato al territorio di origine, per il fatto che, attraverso la sua materialità, riflette alcune caratteristiche distintive e immateriali della Valle dell’Aso. In questo territorio, la coltivazione della pesca trova condizioni ambientali favorevoli che ne esaltano notevolmente la qualità e le caratteristiche organolettiche.
Tra le varietà maggiormente diffuse in Valdaso si ricordano le pesche a pasta gialla (le tipologie più diffuse sono la Royal Glory, la Elegent Lady, la Spring Belle e la O’Enry) e le nettarine a pasta gialla (in particolare la Big Top, la Venus e la Nectaross).
Accanto a questa abbondante produzione si pone un’intensa attività di trasformazione artigianale della pesca per la produzione di confetture, conserve, marmellate e l’utilizzo di questo frutto nella preparazione di numerosi piatti.

La polenta
Nell’antico borgo di Altidona si tiene la Sagra della
Polenta con le lumache e i frutti di mare, una tipicità del territorio che fa contenti i residenti ma anche i tanti turisti che, i primi di agosto, affollano le spiagge dell’Adriatico.
In occasione del raduno delle sagre della polenta d’Italia, un incontro tra polentari dove ognuno porta la propria specialità, la propria storia e la tecnica.

Ortezzano

Risalendo la fertile e verdeggiante valle dell’Aso, nel cuore della provincia di Fermo, in direzione dei “Monti Azzurri”, in cima ad un dolce pendio collinare che domina la sponda sinistra del fiume Aso, s’incontra Ortezzano.


Fiero e ricco di suggestioni storiche, questo piccolo ma vivace borgo di circa 800 abitanti, vede le sue origini perdersi nel tempo, sino all’epoca dei Piceni.
Oggi Ortezzano si estende su un territorio di ha 699, di cui solo ha 52 di superficie urbana. Il suo centro storico conserva intatte le testimonianze dell’antico Castello di Ortezzano, le cui origini sono da ricollegare all'iniziativa di Farfa di fortificare i suoi possedimenti nel territorio fermano, alla vigilia delle lotte con Fermo.Il patrimonio monumentale di Ortezzano è particolarmente interessante, il fascino del suo centro storico, la bellezza dei suoi monumenti e dell’ambiente circostante, la qualità della vita, la cortesia e la simpatia degli abitanti fanno di questo una ricercata meta turistica.
Per i visitatori che decidono di fermarsi ad Ortezzano, catturati dalla bellezza dei luoghi, dai suggestivi scorci, dal buon cibo, numerose sono le strutture ricettive che il paese offre.
Un’eccellente cucina, arte, storia, tradizioni popolari, la cui custodia e promozione sono garantite dal Centro Studi sul Folklore piceno, e da due associazioni folkloriche:
Li Mazzamurelli de li Sibillini ed Ortensia, è ciò che si può trovare in questo Comune.
L’economia del paese, oltre che al turismo, è strettamente legata all'agricoltura e alla trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

La fertilità della Valle e del territorio collinare permette di ottenere una pregiata e stimata coltivazione ortofrutticola, in particolare il prodotto principe di questo territorio è la pesca, in tutte le sue molteplici varietà.
Il microclima particolare della Valle dell’Aso consente la coltivazione di un frutto che per sapore e caratteristiche organolettiche è unico e ricercato.
Numerosi sono anche i laboratori artigianali a conduzione familiare che si caratterizzano per la qualità dei propri prodotti: ceramica, ferro battuto ecc. Da ricordare la rinomata lavorazione di carni suine, l’eccellente produzione d’olio e di uva, che le cantine locali trasformano in vini di qualità.

Moresco

Il borgo medievale di Moresco ha una forma davvero caratteristica e particolare, cosa che rende il suo profilo inconfondibile e riconoscibile anche da lontano e ne fa uno dei luoghi più suggestivi della rigogliosa Valle dell’Aso.

È l’imponente Torre eptagonale a conferire al paese un’indubitabile dose di fascino e suggestione perché con i suoi sette lati irregolari è certo un edificio di notevole interesse, capace di catturare e accentrare su di sé una curiosità sempre più in aumento.

Proprio per sfruttare un luogo dotato di tali potenzialità e di tale suggestione, da qualche anno l’interno della Torre ospita, nel periodo estivo, il TOMAV,  uno spazio dedicato a mostre ed esposizioni di vari artisti contemporanei.
E non si esaurisce certo qui la ricchezza di questo luogo perché, con i suoi 30 metri di altezza, è anche un punto a dir poco privilegiato per godere di un panorama che spazia letteralmente dal mare fino ai Sibillini e che dà, oltretutto, una visuale completa e comprensiva di tutto l’incantato borgo di Moresco.
Il cuore del castello è costituito da piccole e strette vie e dalla piazza, uno spazio suggestivo sul quale si affacciano monumenti ed edifici antichi e ricchi di storia e cultura; primo fra tutti il Palazzo comunale che, in veste di pinacoteca, ospita una bellissima e luminosa pala d’altare opera dell’artista Vincenzo Pagani da Monterubbiano, lo stesso che ha affrescato nella metà del XVI secolo una Madonna delle Grazie in fondo al loggiato della piazza stessa, oggi testimonianza dell’esistenza dell’antica Chiesa di Santa Maria in Castro poi demolita nel XIX.

Di notevole interesse anche la Torre dell’Orologio, meno imponente dell’altra ma che ha svolto, nel corso dei secoli, un ruolo fondamentale, scandendo le giornate di tutti i cittadini; oggi come allora si alza su una posizione strategica perché sovrasta e protegge la porta urbica che apre la strada verso il contado. Un contado che, tra il verde rigoglioso degli alberi e i campi coltivati, ospita e conserva dei piccoli tesori: l’ex Chiesa di Santa Sofia, oggi piccolo teatro comunale, il Santuario della Madonna della Salute che conserva copia dell’immagine della Vergine oggetto di grande venerazione e devozione e la Chiesa della Madonna dell’Olmo, tempio affascinante e suggestivo che si apre ai visitatori con un’architettura interna di grande impatto visivo con due altari e l’edicola del Pagani che ne scandiscono e suddividono lo spazio.
Proprio per questa unione organica e armoniosa tra storia, arte, cultura e la capacità di conservare e innovare nel pieno rispetto di questi luoghi e della loro originaria bellezza, Moresco è entrata a far parte nel 2002 dell’esclusiva Associazione dei Borghi più belli d’Italia.

Ma il concetto di cultura non si esaurisce nell’arte e nei monumenti, significa anche tradizione e, nello specifico, tradizione gastronomica. Proprio al principale prodotto tipico della nostra cultura contadina, il Ciauscolo IGP, viene dedicato ogni anno, nel primo fine settimana di Settembre un momento di promozione e confronto su questo prodotto di eccellenza.

Sull’origine del nome il dibattito è aperto; sembra che esso possa essere ricondotto al latino cibusculum cioè “piccolo cibo” a significare probabilmente come le caratteristiche di questo salume lo rendano un ingrediente adatto alla preparazione di piccoli e gustosi spuntini. È la morbidezza dell’impasto, quasi cremoso, a conferire al Ciauscolo IGP la sua caratteristica tipica, cioè il suo essere facilmente spalmabile, caratteristica che deriva da particolari modalità di macinatura e da una stagionatura piuttosto breve.

Monte Rinaldo

Monte Rinaldo è un’accogliente cittadina di circa 400 abitanti. Per spiegare l’origine del nome di questo comune si ricorre ad un racconto leggendario.
Tre fratelli, Pietro, Elpidio e Rinaldo, figli di un conte normanno, avrebbero fondato i castelli di Monsampietro Morico, S. Elpidio Morico e Monte Rinaldo. Una spiegazione autoctona non confermata, invece, attribuisce la sua fondazione a un Rinaldo Morico, figlio illegittimo di Rinaldo di Monteverde, quest’ultimo realmente esistito e signore di Fermo negli anni 1376-79.

La struttura di maggior rilievo del centro urbano è Palazzo Giustiniani (XVII sec.), esempio di dimora rococò.
Nella Chiesa del SS. Sacramento e Rosario costruita alla metà del ‘700 con interno tardo barocco, si conservano due pale d’altare di A. Liozzi (XVII sec).

Imprigionato dalle mura della memoria perduta: un racconto leggendario e un antico santuario romano.

La zona Archeologica in località Cuma, circondata da un’incantevole paesaggio agrario, è uno dei motivi più validi per visitare Monte Rinaldo.

Qui sorge un Santuario che a buon ragione può ritenersi uno dei monumenti di età ellenistica più importante di tutta la regione. Si ignora, per ora, sia la divinità a cui era dedicato, sia la città da cui dipendeva.
Alcuni studiosi l’hanno messo in relazione con Novana, l’unica città del Piceno citata nell’elenco di Plinio il Vecchio, di cui non è stata individuata l’ubicazione.
Quello che è sicuro, vedendo le imponenti dimensioni dei suoi resti, è che doveva trattarsi di un luogo di culto di grande importanza.
Alcuni importanti reperti provenienti dal Santuario sono custoditi nel Museo Civico Archeologico allestito presso l’ex Chiesa del Crocifisso recentemente recuperata.
Il museo comprende ceramiche di decorazione esterna e del frontone, oltre ad ex voto e ad altri oggetti.
L’affascinante cornice ambientale, caratterizzata dalla presenza di dolci colline e dalla meravigliosa catena dei monti Sibillini, ed il carattere monumentale dei ritrovamenti archeologici, rendono Monte Rinaldo un gradita meta di escursione a carattere culturale e turistico, alla scoperta dell’entroterra fermano.

Lapedona

Reperti di età picena e romana testimoniano una intensa colonizzazione del territorio fin dall’antichità.
Con i Longobardi si estende la presenza dei benedettini, soprattutto dell’Abbazia di Farfa, e si accresce gradualmente l’autorità del vescovo di Fermo: in tutto il territorio della Marca Fermana sorgono pievi, corti e castelli feudali.
Il castrum Lapidone figura nell’elenco dei castelli che Aldobrandino d’Este, marchese di Ancona, assegna alla città di Fermo il 10 Giugno 1214 “cum hominibus in dictis castellis habitantibus et eorum podiis et villis”, ma l’effettiva dipendenza di Lapedona (e dei castelli vicini) da Fermo è da riferirsi piuttosto al 1238 quando il vescovo-conte di Fermo Filippo II affida al comune tutte le proprietà della chiesa, dal fiume Potenza al Tronto.
Da quell'anno Lapedona diviene castello della città di Fermo e ne segue le alterne vicende.
Nel centro storico si trovano, la chiesa di San Giacomo e Quirico del XIV secolo, rifatta quasi completamente un secolo fa, che conserva opere pittoriche attribuite a Pietro Alemanno (XV secolo) ed una statuetta lignea del Santo patrono; la chiesa di San Nicolò del XVII-XVIII secolo, con pale attribuite ai pittori marchigiani G. Ghezzi ed F. Ricci ed un organo di scuola callidiana, ora è sconsacrata ed utilizzata per manifestazioni artistiche; la chiesa di San Lorenzo, di fine XVIII secolo, conserva al suo interno un organo di Gaetano Callido (1784) restaurato, un Crocefisso ligneo di probabile provenienza bizantina, oltre ad altari in stile barocco.
Fuori le mura è possibile vedere, la chiesa di San Quirico, in Borgo San Quirico, è romanica, con tracce di affreschi (XII-XIV secolo); la chiesa di San Pietro, romanica, rimaneggiata nel XIX secolo; la chiesa della Madonna Manù, è piccola chiesa rurale dell’XI secolo, a 3 km circa sulla strada provinciale che va al mare; la chiesa di Santa Maria degli Angeli o ad nivem in Borgo Castellano.

Lapedona e il suo Vino Cotto DE.CO.

Il vino cotto racconta la storia del fermano, del piceno e del maceratese, territori delle “Marche del Sud”; esso è capace di fondere in un incantevole insieme di sapori, l’ambiente, i vitigni, la storia, la tradizione e la cultura di questa nostra terra.
Il vino cotto, rappresentava per ogni famiglia il segno dell’ospitalità. Era sempre sulla tavola nelle occasioni migliori e usato frequentemente come rimedio nella cura dei malanni tipici della dura vita di campagna.

Il Vino Cotto è consumato come un normale vino da tavola, ma è più spesso utilizzato come vino da dessert, e presenta una gradazione alcolica elevata.
Lapedona festeggia ogni ultimo week end di Settembre la “Festa del Vino Cotto”. La festa del Vino Cotto di Lapedona è un’ottima occasione per gustare uno dei prodotti di spicco della tradizione e per conoscere più da vicino uno dei borghi più suggestivi del territorio fermano.

venerdì 4 marzo 2016

Campofilone

Situato in posizione collinare lungo la costa adriatica tra San Benedetto del Tronto e Fermo, il paese domina la bassa Valle dell’Aso coniugando, in uno splendido affresco naturale, il verde della campagna marchigiana con l’azzurro del mar Adriatico. Le vie e gli scorci raccontano ancora le vicende secolari di un insediamento romano prima e di un lungo controllo dei vescovi fermani poi. Al centro storico, che nasce attorno ad una importante e ricca Abbazia Benedettina dedicata a San Bar-
tolomeo Apostolo.
Il borgo, di forma affusolata, sorge lungo una via principale in cui si affacciano i principali edifici alle cui spalle si apre un labirinto di vicoli, a tratti coperti da volte a botte e a crociera e che, di tanto in tanto, lasciano intravedere la bellezza del panorama che lo circonda: il calmo mare Adriatico, le dolci colline fino ad arrivare alle vette imbiancate dei monti Sibillini.
Giulio Amadio nella Toponomastica Marchigiana ne farebbe risalire il nome “Campus Fullonus” a un possesso o uno stabilimento di tintori o lavandai dell’età liburnica (VII sec. a.C); dai ritrovamenti di tombe Picene e altri reperti archeologici conservati nel museo di Ancona, si può anche indicare la presenza Picena già nel VII-VI secolo a.C. Come dimostrano due monumentali reperti di età imperiale (un serbatoio idrico a pianta longitudinale e un tratto di consolare adriatica a spina di pesce), la presenza romana ben si radicò e articolò sul territorio; in epoca repubblicana (III sec. a.C.) Campofilone era passo obbligato per quanti dalla vicina colonia di Cupra si recavano alla colonia di Fermo e viceversa.

Passeggiando per le vie si sente ancora il profumo dell’antichissima tradizione culinaria: da sempre viene prodotta una specialità gastronomica di gran pregio i “Maccheroncini di Campofilone”, sottilissimi fili di pasta all’uovo conosciuti ed apprezzati in tutto il mondo che dal 2013 hanno ottenuto l’Indicazione Geografica Protetta (IGP).













A questo tradizionale piatto campofilonese è dedicata una Sagra Nazionale che si tiene annualmente durante il secondo weekend di Agosto e che è meta di attrazione per migliaia di turisti. Questa Sagra è organizzata dal Comune di Campofilone in collaborazione con la locale Pro Loco.

Altidona

Il Comune di Altidona si trova nella regione Marche a sud ovest della provincia di Fermo, a 220 m. s.l.m., nel territorio della Valle dell’Aso, la superficie è di circa 13 Kmq (12,93) e conta una popolazione di quasi 3.300 abitanti.

Le origini di Altidona sono antichissime e risalgono al popolo dei Piceni: sono testimoniate da vestigia romane nella località di Villa Montana, risalenti all’epoca delle guerre puniche.
In età romana sorgevano numerose ville con vista sul mare come quella di Barbula, noto produttore di vino palmense.
Oggi il cuore del Comune è costituito da un centro storico ricco di interessanti elementi artistico-architettonici, è possibile visitare la Chiesa parrocchiale dei S.S. Maria e Ciriaco, la Chiesa della Madonna della Misericordia, la cinta muraria, il Belvedere, il Teatro Comunale, la sala mostre “Galleria sotto l’arco”, la Fototeca Provinciale, la Porta del Sole, la Porta Marina, la Porta dei Leoni, la Porta “For de Porta”, il loggiato di Vicolo degli Archi, lo “Sfumigo”, la Fonte dei Giudei; fuori dal centro del paese è possibile visitare la Villa Montana, la cisterna romana, le Ville Giovannetti e Passeri, la Chiesa del cimitero e la quercia monumentale “Roverella”.
La frazione cd. “Marina”, invece, più densamente popolata, ha una spiaggia lunga circa 3 Km con diverse strutture ricettive e assume una forte connotazione turistica balneare. 
Famosa “La Sagra della Polenta con lumache” nella prima domenica di Agosto di ogni anno, dal 1974, che rievoca la frugalità delle mense contadine e di paese, arricchita nel tempo da gustose pietanze a base di carne e pesce tipiche del territorio.

La sagra ha portato la Pro Loco a costituirsi nell’Associazione Culturale Polentari d’Italia e, dal 1993, con cadenza biennale, viene organizzato il Raduno Nazionale Polentari d’Italia, ogni volta in una sede diversa in base al Comune ospitante in Italia, durante il quale ogni Pro Loco propone la propria ricetta tipica.
Oltre a questi eventi, la Pro Loco di Altidona programma altre manifestazione non meno importanti. Ad esempio, la partecipazione alla Festa delle Pro Loco nel Comune di Porto San Giorgio nel mese di luglio, la Festa del 1° maggio, la Festa della Birra in estate presso il parco “Due Ponti” e le castagnate in piazza nel periodo invernale.