giovedì 10 luglio 2014

Street food Marche

Un percorso itinerante per conoscere le migliori proposte marchigiane di
cibo di strada.


Anche se una città offre sempre monumenti importanti o attrattive turistiche,il suo vero biglietto da visita è la sua storia culinaria: nessuno può sostenere
di aver conosciuto un popolo o una cultura senza avere assaggiato una prelibatezza, ancor più se prelibatezza della tradizione o del mangiaredi strada. Se poi tutto questo accade d’estate, si crea un connubio unico
tra cibo e divertimento. Il nostro itinerario turistico attraverso i luoghi dello street food marchigiano parte da Ascoli Piceno, dove assaggiare le regine indiscusse dello street food della regione, le olive ascolane. Piatto tipico di tutta la provincia di Ascoli, sono preparate con olive di varietà Tenera Ascolana DOP farcite i carne, panate e fritte; solitamente vengono servite come antipasto
insieme ad altri prodotti fritti, come i rustici, le verdurine, la crema fritta. Il cartoccio più buono è quello di Migliori in Piazza Arringo.



 I calcioni al formaggio, specialità della pasticceria Gallucci di Fermo


Da Ascoli Piceno ci spostiamo ad Offida, cittadina di produzione dei caratteristici
caciuni, dolci a base di pasta di pane ripieni di pecorino, tuorlo d’uovo, zucchero e scorza di limone grattugiata; o pistringo, quando sono ripieni di fichi secchi, mandorle ed uva passa. Nel maceratese prendono il nome di piconi, mentre diventano calcioni nella zona del fermano.
I caciunitti, invece, sono caciuni più piccoli che al posto del formaggio hanno come ripieno una purea di ceci, e che invece di essere cotti al forno vengono fritti.
Spostandoci dall’interno versola costa, troviamo tre importanti località tutte famose, oltre che per le loro bellissime spiagge, anche per i cartocci di pesce fritto: Lido di Fermo, Porto San Giorgio e San Benedetto del Tronto. In particolare, valgono una tappa e un assaggio le fritture di strada e da asporto di Nudo e Crudo e Olio Pesce Fritto, entrambi a San Benedetto.A Porto San Giorgio ha luogo da 44 anni, nella terza settimana di luglio, la Padellata gigante dell’Adriatico, una festa che ha come protagonista il mare: 10 quintali di calamaretti e sarde fritti nella Padella Gigante; con 8
metri di manico, 6 metri di diametro e 1000 litri di olio per friggere, richiede. l’intervento di ben 35 persone per il suo funzionamento. Un cibo di strada che unisce le tradizioni marinare di tutta la costa marchigiana
è certamente il sardoncino scottadito, da mangiare rigorosamente
bollenti e con le mani, accompagnati da vino bianco frizzante fresco e volendo anche dalla conditella, un mix di insalata e pomodori fresco e leggero. I sardoncini scottadito si mangiano solitamente d’estate, in quanto
cotti alla griglia.





Sardoncini seppie e calamari fritti nel cartoccio di pesce di riviera



 Il nostro itinerario prosegue verso quella parte di territorio marchigiano più vicina alla Romagna, dove l’influenza della piada romagnola ha dato vita ad una prelibatezza unica, la crescia sfogliata di Urbino, declinata poi in tanti nomi locali mano a mano che ci si sposta da un borgo all’altro: crescia, crescia unta, crostolo, pizza del Montefeltro, così come sono tante le varianti territoriali che la rendono unica, completamente diversa dalla piadina romagnola. La crescia sfogliata ha la tipica forma della piada, un disco rotondo di pochi millimetri di spessore dal colore dorato ma rispetto a questa è arricchita con uova latte e strutto. L’impasto lavorato a mano energicamente, viene tirato e unto con lo strutto, arrotolato su se stesso e tagliato a pezzi. A questo punto i singoli pezzi tagliati vengono spianati con il mattarello, e solo questa lavorazione permette alla crescia di prendere la forma a strati sovrapposti che la rende appunto sfogliata. Forni e negozi di gastronomia li propongono precotti o da cuocere (sul testo di pietra
refrattaria o su lastre di ferro con il fuoco sotto), mentre i piccoli chioschi li servono farciti con salumi e formaggi della tradizione, con erbe cotte, patate o verdure alla griglia, all’insegna di una sana ed alternativa merenda. Da provare la crescia del Merendero, lungo il litorale di Marotta. Il tour turistico-gastronomico di questo numero si conclude con un cibo di strada trasversale a tutta la regione, il panino con porchetta, qui proposto nella versione con pane di Chiaserna farcito con porchetta marchigiana. Apprezzato per le sue particolari caratteristiche organolettiche e privo di additivi, il pane di Chiaserna viene prodotto nel comune di Cantiano (PU) con la tecnica di fermentazione acido-lattica, che gli conferisce la particolare digeribilità ed un sapore unico, leggermente acidulo, sapido ed appetibile. C’è chi fa risalire la nascita della porchetta agli Etruschi. Altre fonti attestano che i Romani conoscevano un processo simile a quello oggi applicato per la produzione della porchetta. Fatto sta che da secoli questo  piatto è un vanto e una tradizione di tutto il centro Italia: nel Lazio e in Toscana dove viene prodotta usando prevalentemente rosmarino; in Umbria, in Abruzzo, nelle Marche, in Emilia-Romagna ed in Molise, dove invece i porchettari, questo è il termine esatto per indicare chi per professione produce porchetta, usano preferibilmente il finocchietto selvatico. La porchetta si presenta come un maialino intero disossato, salato e farcito della sua stessa carne aromatizzata con aglio, sale, pepe, finocchetto selvatico e/o rosmarino; legato, cucito a mano ed arrostito in forno o allo spiedo con tutta la pelle per circa 5 ore. Molti i chioschi, i venditori ambulanti e le sagre dedicate a questo piatto in tutto il centro Italia, con tradizioni che affondano le loro radici intorno ai primi anni 50 del secolo scorso.



Ristorante Ragno D'oro: nella preparazione della crescia  lo viene spalmato  sulla sfoglia che poi viene arrotolata Fonte immagine: @kekkez








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